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Stop ai rinvii forzati!
Per il diritto di restare in Svizzera per tutt*!

13. June 2022
Notizie

Maria, è una donna eritrea di 30 anni, è arrivata in Svizzera al centro federale di Chiasso a fine dicembre 2021, dove ha depositato una domanda d’asilo. Le autorità svizzere hanno rifiutato di entrare in merito alla sua domanda, su pretesto che le è stato riconosciuto lo statuto di rifugiata in Grecia. Inizio maggio è stata trasferita nel cantone Lucerna, il quale è responsabile dell’esecuzione del rinvio forzato. Lì, non hanno perso tempo. Qualche giorno dopo si reca all’appuntamento all’ufficio della migrazione per rinnovare il suo documento di soggiorno. Ma lì ad aspettarla c’è la polizia. Viene arrestata e portata nella prigione amministrativa di Zurigo. Riceve tantissime pressioni da parte dei poliziotti: o sale sul volo di linea che le è stato prenotato o sarà incarcerata e rinviata con la forza in Grecia.


Vuole lasciare una traccia del suo vissuto e della sua disperazione.

Avviso trigger: questo testo mostra contenuti che potrebbero scuotere le persone mentalmente, fisicamente o in altro modo.


“Sono scappata dall’Eritrea, il mio Paese, quando avevo 12 anni, con mio fratello e mia madre ci siamo installati in Etiopia nella regione Oromo.
Sono fuggita dall’Etiopia tre anni fa per ragioni politiche e familiari. Adesso in quella regione c’è la guerra e una carestia gravissima, ma nessuno ne parla o fa qualche cosa.

Dall‘Etiopia sono arrivata in Turchia. Dopo vari tentativi di lasciare la Turchia via mare per la Grecia, sono arrivata sull’isola di Chios. Pensavo che la Grecia fosse il paradiso invece è stato l’inferno. Ho vissuto due anni nel campo per rifugiati in condizioni disumane, catastrofiche. Vivevo assieme a una mia amica in una tenda di fortuna, con dei fornelli a gas per cucinare. Durante l’inverno faceva freddissimo, le tende non sono adatte per l’inverno e per la pioggia. Non avevamo coperte né vestiti a sufficienza. Il campo era sovrappopolato, i bagni erano dei buchi, le condizioni igieniche pietose, c’erano rifiuti ovunque. Mancava l’acqua corrente, il cibo non era sufficiente per tutti ed era di pessima qualità. Uno schifo totale. Nessuno dovrebbe vivere in tali condizioni. Non avevamo il sostegno di nessuno, era il caos totale. A volte c’era pure la polizia che ci scacciava via come fossimo dei cani randagi o che nel peggiore dei casi ci picchiava con i manganelli.

Ho chiesto l’asilo politico senza neanche capire cosa mi stava accadendo, nessuno mi spiegava cosa era, quali erano i miei diritti. In due anni ho ricevuto 90 euro. Quando mi hanno dato il permesso mi hanno detto che dovevo lasciare il campo e dovevo arrangiarmi da sola. Penso che facciano apposta a dare permessi facilmente, così sanno che le persone lasciano i campi orrendi e se ne vanno via, spariscono nel nulla.

Così, dopo due anni, sono arrivata a Atene, ci siamo installate in strada (Viktoria Platzes). Non ho ricevuto nessun aiuto. Era orribile, ogni notte con la mia amica avevamo paura di essere aggredite. Era troppo pericoloso, in quanto donna si rischia di essere abusate quotidianamente.

Quando ero a Chios ho subito uno stupro collettivo. Non riuscivo a parlarne con nessuno e non ho ricevuto nessun supporto, né medico-ginecologico, né legale, né tantomeno psicologico. Ero sola.

Ma per le autorità elvetiche tutto quello che ho vissuto in Grecia non è sufficiente, hanno respinto la mia domanda d’asilo. Sono solamente un numero, non una persona1.

Estratto della decisione negativa del SEM

Come è possibile essere trattati in questa maniera? Che prove devo apportare di uno stupro?

Non c’è nessuna dignità in Grecia, nessuno dovrebbe vivere in quelle condizioni. Mi piacerebbe guardarli in faccia quelli o quelle che emanano le decisioni negative dai loro uffici e farmi spiegare come faccio a vivere in Grecia dignitosamente: sono un essere umano, una persona con dei diritti, non sono un topo.

Scena del crimine di SCHENKON: M. ha dovuto vivere qui in isolamento dalla società durante la sua permanenza nel cantone di Lucerna. L’isolamento ha lo scopo di impedire lo sviluppo di contatti sociali in Svizzera. In questo modo è più facile per le autorità espellerla senza complicazioni.

A marzo, una mia amica connazionale è stata svegliata dai poliziotti, l’hanno arrestata e deportata di forza ad Atene. S. viveva con me nella stanza, a Chiasso, in via Motta. La mattina presto hanno bussato alla porta, sono entrati in tre nella stanza, ma giù all’entrata erano in molti, forse una decina. L’hanno ammanettata davanti ai miei occhi come fosse la peggiore dei criminali, come se chiedere l’asilo fosse une reato in Svizzera. Hanno preso le sue cose e le hanno messe in un sacco. S. dopo qualche giorno che era arrivata a Atene, mi ha raccontato che ha passato tre giorni, uno a Lugano e due a Zurigo in celle della polizia, fredde, senza niente, tre giorni senza farsi una doccia, continuavano a farle pressione psicologica: “o firmi per il rinvio o te ne vai in prigione, non hai altra scelta”. Ha provato a resistere, ma dopo un po’ ha perso la speranza e adesso si trova di nuova in strada ad Atene, sempre nello stesso posto (Viktoria Platzes) senza nessun aiuto, nessuna protezione, nessuna dignità.

Scena del crimine AMIGRA: la mattina del 16 maggio, M. è stato arrestato dalla polizia presso l’Ufficio per la Migrazione di Lucerna e portato in carcere in manette. Doveva essere solo un appuntamento per un colloquio.

Dopo qualche settimana, è toccato a me, ogni giorno vivevo con la paura che la prossima sarò io. Ero abbastanza tranquilla perché ho una domanda di ri-esame in corso al tribunale federale amministrativo. Ma niente, ovunque vada mi scacciano via. Quando arrivo all’ufficio di migrazione a Lucerna, lì mi arrestano, mi mettono anche a me le manette. Mi dicono: “devi andartene, torna in Grecia”. Mi portano a Zurigo, dormo una notte in una cella senza finestra, alle 9 c’è l’aereo che mi aspetta; se non lo prendo la prigione e il rinvio forzato. Non so che fare, ma non ho più la forza di resistere, di lottare, mi lascio andare…

Scena della polizia: M. è stato trattenuto alla stazione di polizia di Lucerna per 24 ore. Non ha ricevuto alcuna informazione sulla sua situazione e non ha ricevuto cibo fino a sera.

Quando sono arrivata ad Atene, non c’era nessuno. Le autorità greche non erano al corrente di niente, malgrado che la Svizzera sia tenuta a informarle del mio arrivo.
Sono di nuovo al punto di partenza, di nuovo in strada, di nuovo in pericolo, di nuovo senza protezione. Grazie a degli amici trovo una sistemazione per dormire, ma non so per quanto tempo… Che miseria! Perché l’Europa ci tratta così? La guerra c’è anche in Etiopia, perché non siamo trattati nella stessa maniera degli Ucraini?”

Da diversi anni, molte ONG (HCR; Amnesty International, Human Rights Watch, MSF, etc) denunciano regolarmente la situazione dei rifugiat* in Grecia. I servizi d’aiuto ai rifugiat* e ai richiedent* d’asilo sono estremamente precari. Le persone non hanno accesso alla casa, né ad aiuti finanziari da parte delle autorità greche, si trovano spesso in strada senza nessun supporto.

Perché le autorità svizzere e cantonali si accaniscono su situazioni di uomini, donne, bambini, persone vulnerabili, per rispedirle in paesi dove non ci sono le condizioni per avere una vita dignitosa? Non sono più persone, ma solamente dei pacchi.

Come è possibile non vedere le condizioni disastrose del sistema d’accoglienza greco?

Scena del crimine PRIGIONE DELL’AEROPORTO: M. ha trascorso le ultime ore nella prigione dell’aeroporto prima di essere deportata in Grecia il 18 maggio. Il rifiuto di salire a bordo dell’aereo avrebbe comportato il rimpatrio sotto costrizione fisica. Nessuno la stava aspettando in Grecia.

Esigiamo lo stop di tutti i rinvii e i rimpatri forzati, stop alle violenze di Stato, per l’accoglienza di tutte le persone bisognose di protezione!

Chiasso, giugno 2022.